SCHEDA A CIRCUTO STAMPATO DEL MAINFRAME IMB DELLA NASA – PRIMO PROTOTIPO
Questa scheda è stata
realizzata da Francis Sheehan, che è stato un ingegnere della NASA per molti
anni. Contribuì prevalentemente alle missioni con equipaggio, come il progetto
Gemini e molte delle missioni Apollo, incluso il modulo lunare (LEM) e il
programma Shuttle. Lavorò in diversi centri durante la sua carriera: presso il
sito principale della NASA su Merritt Island, in Florida, chiamato Kennedy
Space Center; la stazione dell’aviazione militare a Cape Canaveral Air Force
station, nei pressi di Cocoa Beach; e anche a Houston, in Texas. Durante l’era
delle esplorazioni spaziali dell’Apollo non erano disponibili né computer né
calcolatrici informatiche, solo enormi elaboratori centrali operati tramite
schede perforate. Questi mainframe erano unità di micro-processazione e
utilizzavano centinaia di schede a circuito stampato come quella mostrata qui.
Osservandone i circuiti integrati, si può notare che sono tutti in ceramica e
con codici risalenti al 1970 e al 1971.
MODULO FM DI REGISTRAZIONE DATI DELLA SALA DI CONTROLLO KSC - PROGRAMMA APOLLO / LANCIO DEGLI SPACE SHUTTLE DELLA NASA
Questa scheda a
circuito con nastro di registrazione dati a relè coassiale della Sangamo fu
progettata per condizionare e amplificare il segnale di modulazione di
frequenza ricevuto dalla telemetria del vettore e della navicella prima e
durante il lancio dal sito del Kennedy Space Center per il programma Apollo e, più
avanti, lo Space Shuttle.
È realizzata con
materiali di alta qualità certificati per l’uso nello spazio, così da garantirne
il corretto funzionamento durante le operazioni d’importanza critica per le
procedure di lancio dal centro KSC.
PRIMA PAGINA DEL WASHINGTON POST
Il giorno dopo, lo
storico viaggio spaziale dominò le testate di gran parte dei giornali del
mondo.
TUTA DELL’AVIAZIONE MILITARE TEDESCA DI EDGAR BURCHARD
Ufficiale
dell’aviazione militare tedesca specializzato in scienze mediche aerospaziali,
lavorò per due anni per la NASA, presso il Johnson Space Center, nel contesto
dei programmi Apollo e Skylab. Ha totalizzato circa 18.000 ore di esperienza di
volo (in aeroplano). Specializzato nei settori dell’ossigenazione iperbarica e
del disorientamento spaziale. Assieme a von Braun, è stato uno degli scienziati
tedeschi recuperati dalla NASA dopo la Seconda guerra mondiale.
LE COMUNICAZIONI DELLA NASA
Sei giornalisti sono
stati selezionati per rappresentare i media mondiali a bordo della principale
nave di recupero, la U.S.S. Hornet, nell’Oceano pacifico. Tutti i comunicati
che inviano devono essere inoltrati anche al centro comunicazioni della NASA a
Houston, dove vengono rese disponibili ai giornalisti di tutto il mondo.
IL VOUCHER DI VIAGGIO DI NEIL ARMSTRONG
Il voucher elenca tutti i dettagli del viaggio di Armstrong, e riporta “navicella spaziale governativa” nel campo del veicolo utilizzato per il tragitto. “Vitto e alloggio a spese del governo per tutte le date di cui sopra”, c’è inoltre riportato sul voucher.
Quando arrivarono a Honolulu, nell Hawaii, il 24 luglio 1969, Buzz Aldrin, Neil Armstrong e Michael Collins dichiarata di aver riportato indietro “campioni di roccia e polvere lunare”. Tenendo conto dell’inflazione, la spesa di 33,31 dollari riportata dagli astronauti oggi ammonterebbe a 217 dollari.
MAPPA LUNARE
Uno dei compiti di Collins è quello di localizzare dove sia atterrato l’EAGLE sulla superficie lunare. Collins controlla diversi riquadri della mappa della superficie lunare LAM-2 (Lunar Area Map – 2) cercando di individuare il modulo dall’orbita. Non sarebbe stato in grado di determinare il sito esatto di atterraggio fino al rientro sulla Terra, benché in un’occasione ci arrivi molto vicino.
Dove atterrarono gli astronauti sulla luna?
Apollo 11: Mare Tranquillitatis (0.67408° N, 23.47297° E)
Apollo 12: Oceanus Procellarum (3.01239° S, 23.42157° W)
Apollo 14: Fra Mauro (3.64530° S, 17.47136° W)
Apollo 15: Hadley/Apennines (26.13222° N, 3.63386° E)
Apollo 16: Descartes (8.97301° S, 15.49812° E)
Apollo 17: Taurus-Littrow (20.19080° N, 30.77168° E)
LISTA DI CONTROLLO DEL MODULO LUNARE
Tutto quello che serve
a preparare l’EAGLE (il modulo lunare) a scendere sulla superficie del
satellite.
Il direttore di volo Gene
Kranz aggiunge una voce al registro: “Questa squadra non è molto popolare”.
Nel frattempo, Buzz
Aldrin e Neil Armstrong cominciano a preparare il modulo lunare (LM) per
l’atterraggio facendo riferimento a questa lista di controllo.
CARTE CELESTI
Quarantacinque minuti
dopo il lancio, gli astronauti provarono a mettersi comodi, come un gruppo di
amici che si mette a proprio agio in vista di un lungo viaggio in auto. Collins
cercò di individuare una stella chiamata Menkent per aiutare i sistemi di guida
della navicella trovare l’orientamento nello spazio. A ogni stella utilizzata
dai computer per l’allineamento è associato un numero; dopo aver trovato
Menkent, ovvero la stella numero 30, Collins ripete il processo con un’altra
stella, Nunki, numero 37. Dopodiché, il computer riesce a verificare
l’allineamento della navicella.
LE STELLE DELL’APOLLO
Un catalogo che
comprende 37 stelle distribuite in tutto il cielo fu inserito nella memoria di
un computer di bordo. L’elenco includeva alcuni astri poco visibili, ma solo
perché quelli più luminosi non erano posizionati a intervalli regolari nello spazio
celeste. Chi pianificò la carta voleva assicurarsi che, indipendentemente dalla
direzione di osservazione, l’equipaggio fosse sempre in grado di individuare
una stella la cui luminosità cadesse entro l’intervallo di visibilità mobile e
fosse sufficientemente brillante da poter essere osservata attraverso il
sestante.
Ciascuna stella era
associata a un codice numerico su base otto (ottale), così che gli astronauti
potessero comunicare al computer quale desiderassero utilizzare o, in altri
casi, la stessa macchina potesse segnalare quale avesse scelto per lo
svolgimento di operazioni specifiche. Alcuni degli oggetti inclusi nell’elenco
dell’Apollo non erano però stelle: tre numeri furono riservati al Sole, alla
Luna e alla Terra, così che anche questi corpi celesti potessero essere citati
nel contesto di altre attività, mentre un codice permetteva di definire un
“pianeta” secondo necessità. Quest’ultimo, in realtà, poteva essere utilizzato
per indicare un qualsiasi corpo celeste, incluso a volte un’altra stella non
registrata nella memoria del computer.
Tre delle stelle meno
luminose dell’elenco hanno dei nomi poco convenzionali, dati scherzosamente
dall’equipaggio della sfortunata missione Apollo 1 durante le esercitazioni. La
stella 03, Navi, deve il suo appellativo a Gus Grissom, trattandosi del suo
secondo nome (Ivan) scritto al contrario. In modo simile, gli altri due membri
della squadra aggiunsero degli ammiccamenti a sé stessi: la stella 17, Regor,
cita il nome di Roger Chaffee (sempre al contrario), mentre Edward White II,
ovvero “the second”, nominò la stella 20 Dnoces, che è il suo suffisso
generazionale scritto, anche in questo caso, dalla prima all’ultima lettera.
Tutti i contributori
alle missioni Apollo decisero di conservare i nomi e utilizzarli in letteratura
come segno di rispetto per gli astronauti deceduti; da allora, hanno cominciato
ad apparire anche in alcuni atlanti celesti e libri di altra natura.
APOLLO 12 – CARTA CELESTE
NOME
DELLA STELLA
0 Pianeta
1 Alpheratz
2 Diphda
3 Navi
4 Achernar
5 Polaris
6 Acamar
7 Menkar
10 Mirfak
11 Aldebaran
12 Rigel
13 Capella
14 Canopus
15 Sirius
16 Procyon
17 Regor
20 Dnoces
21 Alphard
22 Regulus
23 Denebola
24 Gienah
25 Acrux
26 Spica
27 Alkaid
30 Menkent
31 Arcturus
32 Alphecca
33 Antares
34 Atria
35 Rasalhague
36 Vega
37 Nunki
40 Altair
41 Dabih
42 Peacock
43 Deneb
44 Enif
45 Fomalhaut
46 Sole
47 Terra
50 Luna
RAPPORTO DEI DIRETTORI DI VOLO
Dalla
sua apertura nel 1963, il centro di volo noto come “Manned Spaceflight Center”
(ora “Johnson Space Center”) è stato il cuore delle operazioni dell’agenzia non
soltanto durante le missioni, ma anche durante i programmi di sviluppo delle
tecnologie e addestramento degli astronauti. L’edificio più importante era il
Building 30: le sue sale controllo, munite di quattro file di computer IBM grigi,
misuratori, manopole e contatori, monitoravano 1.500 dati in continuo
mutamento. All’interno di queste sale, durante le missioni le squadre di
esperti lavoravano instancabilmente, alternandosi su quattro turni da otto ore
sovrapposti e chiamati coi nomi in codice verde, bianco, nero e rosso. L’età
media di questi controllori era di soli 32 anni, e la maggior parte di loro era
laureata in ingegneria, matematica o fisica. Ciascuna squadra sottostava a un
direttore di volo; il team rosso era guidato da Milt Windier, quello nero da Glynn
Lunney, quello bianco da Gene Kranz e quello verde da Cliff Charlesworth, che
era il responsabile capo della missione Apollo 11 nel suo complesso.
DICHIARAZIONE DOGANALE
Come si può leggere in
questa dichiarazione doganale, qualsiasi condizione a bordo che potrebbe
risultare nella diffusione di malattie risultava ancora da determinare. Gli
astronauti di ritorno sono messi in isolamento prima in una specie di roulotte
(tutto a destra) e poi in delle stanze presso il centro di volo di Houston per
21 giorni dalla data di potenziale esposizione.
Durante la quarantena
sull’U.S.S. Hornet, gli astronauti recuperano i loro registri e componenti
dell’equipaggiamento dalla Columbia tramite un tunnel collegato. Mike Collins
ne approfitta per scrivere “grazie” sulla parete sopra la cornice di sestante
(in alto a destra) dell’affidabile capsula spaziale che li ha portati sulla
Luna e riportati a Terra in completa sicurezza. Dopo il terzo allunaggio viene
determinato che la Luna è un ambiente sterile, e che gli equipaggi successivi
non dovranno essere messi in quarantena.
PERCHÉ GLI ASTRONAUTI SONO STATI MESSI IN QUARANTENA AL RITORNO DALLA LUNA?
Gli astronauti delle
prime missioni Apollo vennero messi in isolamento per tre settimane al loro
rientro dalla Luna per evitare la diffusione di patologie in caso fossero stati
contaminati da batteri alieni. L’ultimo equipaggio a doversi mettere in
quarantena fu quello della missione Apollo 14. Da allora, avendo verificato che
il satellite non è abitato da forme di vita dannose per l’uomo, la procedura non
è più stata necessaria. Anzi, sulla Luna non si sono mai trovati batteri, se
non quelli di origine terrestre identificati dagli astronauti dell’Apollo 12 su
una sonda che aveva lasciato la Terra due anni prima, e che erano ancora in
vita.
MANUALE DI VOLO IN SOLITARIA
Mentre
gli altri membri dell’equipaggio erano in missione, Collins aveva diversi
compiti da svolgere: in caso di problemi, doveva essere pronto a recuperare il
modulo lunare o persino a rientrare sulla Terra senza gli altri astronauti. Sia
le sue responsabilità nominali che i piani di volo d’emergenza erano descritti
in uno speciale “MANUALE DI VOLO IN SOLITARIA”, che doveva essere pronto a
usare in qualunque momento. Qui si può vedere Collins monitorare la discesa
dell’Eagle via radio e annotare qualcosa nel manuale.
TOPPA DELLA MISSIONE APOLLO 11
Questa toppa della
missione storica contiene un errore grafico: l’ombra proiettata dalla Luna
sulla Terra non è rappresentata correttamente. (Qui la possiamo osservare come
dovrebbe essere). In gioco c’era il prestigio nazionale e l’enormità del
compito si rifletté nella toppa di missione scelta dall’equipaggio: l’immagine
di un’aquila, il simbolo nazionale, che atterra sulla Luna. Tiene negli artigli
una fascina di rametti d’ulivo, simbolo internazionale di pace. A differenza
delle missioni precedenti e successive, si era deciso di omettere i nomi dei
membri dell’equipaggio: tutto quello che era stato fatto fino a quel momento
per il programma spaziale aveva raggiunto il suo apogeo, e l’Apollo 11
rappresentava quindi lo sforzo dell’intera nazione.
MENÙ DELL’APOLLO - COMUNICATO STAMPA
La selezione di
pietanze disponibili sull’Apollo 11 è molto più ampia di qualsiasi altra
missione precedente. La NASA ha cercato di preparare i pasti sulla base dei
gusti personali dei singoli membri dell’equipaggio, offrendo una scelta tra 60
e 70 alimenti diversi. Alcuni sono deliziosi, altri abbastanza insapori.
LA CAPSULA APOLLO
Il modulo di comando dell’Apollo è stato il vettore di lancio e rientro utilizzato dagli astronauti statunitensi coinvolti nel programma Apollo. Tre membri dell’equipaggio si accomodavano all’interno della capsula, in cima all’enorme razzo Saturn V; dopo averli trasportati sulla Luna, rimaneva in orbita attorno al satellite sotto il controllo di una sola persona, mentre due astronauti scendevano sulla superficie lunare. Il pilota del modulo di comando rimaneva a bordo della capsula per tutta la durata del volo al fine di garantire il pronto rientro una volta conclusa la missione. Questo modello in scala 1:1, basato su uno dei primissimi progetti, permette di ammirare le proporzioni finali del modulo e il suo layout interno.
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LA CITAZIONE DELL’ASTRONAUTA:
“UN PICCOLO PASSO PER L’UOMO, UN GRANDE PASSO PER L’UMANITÀ”
Neil Armstrong
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C’ERA UN BAGNO SULL’APOLLO 11?
L’Apollo 11 è stata una
delle nove missioni Apollo che ha trasportato un equipaggio umano sulla Luna,
sei delle quali hanno visto l’allunaggio e la discesa sulla superficie degli
astronauti, quindi la domanda riguarda l’interno programma.
Per urinare, gli
astronauti indossavano sul pene un oggetto simile a un preservativo, che era
poi collegato a una busta di raccolta tramite un tubicino corto. Le perdite
erano cosa comune, quindi gli astronauti si ritrovavano spesso ad avere a che
fare con delle goccioline di urina che fluttuavano per la cabina.
Il liquido raccolto
nelle buste veniva poi trasferito in un contenitore più grande, che veniva
svuotato regolarmente nello spazio. Una volta rilasciate nel vuoto, le gocce di
urina risplendevano e riflettevano la luce del sole come lucciole. Alla domanda
di quale fosse la vista più bella che avesse potuto ammirare durante il suo
viaggio verso la Luna, un astronauta rispose: l’urina scaricata nello spazio.
Durante la difficile
missione Apollo 13, si chiese ai membri dell’equipaggio di urinare dentro a
delle buste di plastica invece di usare il sistema di gestione e raccolta;
c’era il timore che, scaricando i liquidi, si potesse far finire fuori rotta la
navicella, cosa che avrebbe richiesto di utilizzare le poche risorse
disponibili per riorientarla. Per svuotarsi degli escrementi, gli astronauti si
attaccavano una busta di plastica con del nastro adesivo al posteriore e poi
usare le mani per spingere le feci al suo interno, dal momento che nulla “cade”
in assenza di gravità. Questo sistema non funzionava sempre alla perfezione,
come nel caso della missione Apollo 10, quando un escremento solido cominciò a
fluttuare per la cabina e nessuno si volle assumere la responsabilità. “Non è
mio,” disse uno di loro.
Dopo aver finito,
dovevano massaggiare la busta con del disinfettante e riporla in un
contenitore, potenzialmente per lo svolgimento di ricerche scientifiche una
volta rientrati. Secondo i racconti, a fine missione l’odore all’interno della
capsula era quasi insopportabile.
A quanto pare, i
sommozzatori (anche chiamati “uomini rana”) incaricati di recuperare i membri
dell’Apollo 8 dopo l’atterraggio in mare si ritrovarono a indietreggiare per
l’odore che uscì dalla capsula una volta aperto il portellone. Uno degli
astronauti disse che, dopo aver respirato l’aria fresca del mare, si rese conto
che era una settimana che vivevano dentro una latrina.
Wally Schirra, membro
della missione Apollo 7, condivise questo suggerimento con la squadra
dell’Apollo 8 su come fare i propri bisogni nel modulo di comando:
“Spogliatevi, prendetevi un’oretta e portatevi un sacco di carta igienica”.
Sentito il consiglio, l’astronauta Bill Anders
seguì una dieta prevalentemente liquida prima della missione Apollo 8, sperando
di non dover andare in bagno neppure una volta durante la settimana di viaggio
verso la Luna. Non è chiaro se abbia avuto successo.SATURN V: IL RAZZO LUNARE
Il razzo Saturn V degli Stati Uniti è il vettore di lancio più incredibile e potente mai costruito. Wernher von Braun e la sua squadra di ingegneri missilistici progettarono e costruirono il Saturn V per il programma lunare Apollo e, ad oggi, rimane l’unico vettore ad aver trasportato gli astronauti oltre l’orbita terrestre bassa.
Qui è mostrata una replica in scala 1:20
Saturn 1:1
Altezza: 110,6 metri
Massa: 2.800.000 chilogrammi
Diametro massimo: 10,1 metri
Propulsione al lancio: 3.469.000 chilogrammi
SATURN (FAMIGLIA DI RAZZI)
La famiglia di razzi Saturn degli Stati Uniti fu sviluppata da
una squadra di scienziati tedeschi nel contesto di diversi progetti guidati da
Wernher von Braun, il cui obiettivo era quello di riuscire a lanciare carichi
nell’orbita terrestre e oltre.
Proposti inizialmente come lanciatori di satelliti militari,
furono poi adottati come vettori di lancio nel programma lunare Apollo, e ne
vennero costruite e fatte volare tre versioni: Saturn primo, Saturn primo B e
Saturn quinto.
Il nome “Saturn” fu proposto da von Braun nell’ottobre 1958 come
successore logico della serie Jupiter, alludendo inoltre al potere della
divinità romana.
Nel 1963 il presidente John F. Kennedy identificò il lancio del
Saturn primo S A-5 come il momento in cui gli Stati Uniti avrebbero
riguadagnato terreno sui russi nella corsa alla conquista dello spazio. La
capacità di lancio degli Stati Uniti avrebbe finalmente sorpassato quella dei
sovietici, dopo un lungo inseguimento iniziato poco dopo l’invio dello Sputnik
nell’ottobre del 1957. L’ultima volta che parlò di questo argomento fu a Brooks
air force base, in San Antonio, un giorno prima del suo assassinio.
Ad oggi il Saturn quinto è l’unico vettore di lancio in grado di
inviare degli esseri umani oltre l’orbita terrestre. Un totale di 24 persone
volarono fino alla Luna durante i quattro anni tra dicembre 1968 e dicembre
1972. Nessun razzo Saturn causò il fallimento di una missione.
LA TUTA APOLLO A7L DELL’ALLUNAGGIO
Un’evoluzione del modello Gemini, la tuta Apollo è stata sviluppata in due versioni: l’A7L, per le missioni da sette a 14, e la A7LB, per le missioni da 15 a 17 (modificata per semplificarne l’uso durante il pilotaggio del rover lunare). Progettata appositamente per le difficili condizioni ambientali che caratterizzano la superficie lunare, alcuni dei fattori chiave che la contraddistinsero furono la sicurezza e la libertà di movimento che garantiva. Tutti i modelli statunitensi precedenti, infatti, ricevevano il supporto vitale tramite lunghi tubi collegati alla navicella e non consentivano di muoversi liberamente. Le tute dell’Apollo vennero dotate di uno zaino contenente un sistema di supporto vitale autonomo e un paio di sovrascarpe per aumentare la trazione e la presa sulla superficie lunare. Questa tuta A7LB da training si distingue inoltre per la fascia rossa su ciascuna gamba e ciascun braccio, indicando che doveva essere utilizzata da un Comandante EVA. La pratica di aggiungere delle strisce distintive sulle tute iniziò con la missione Apollo 13, per consentire il facile riconoscimento degli astronauti nelle foto e nei video.
MODELLO DI ROVER LUNARE
Questo è un modello di
dimensioni reali del prototipo del rover lunare, chiamato in inglese Lunar
Roving Vehicle. Il veicolo LRV è alimentato a batterie ed è progettato per
muoversi sulla superficie della Luna. Durante le missioni Apollo 15, 16 e 17
(1971-972) furono dislocati tre rover lunari, che sono ancora oggi sul
satellite. Il rover in inglese è anche chiamato “moon buggy”, un nome ispirato
al tipo di veicolo noto come “dune buggy” utilizzato sulla sabbia.
Costruito da Boeing in
17 mesi, ciascun LRV ha una massa di 210 chilogrammi quando è scarico e può
trasportare fino a 490 chilogrammi, includendo due astronauti,
l’equipaggiamento e i campioni lunari.
Fu progettato per
raggiungere una velocità massima di 13 chilometri orari, benché ne abbia
raggiunti ben 18 durante la sua ultima missione, Apollo 17.
Ciascun LRV fu
trasportato ripiegato e inserito nella baia del Quadrante 1 del modulo lunare.
Dopo essere stato riaperto, il veicolo fu pilotato per una media di 30
chilometri senza incorrere in nessun incidente importante.
CHE TEMPERATURA TROVARONO NEIL ARMSTRONG E BUZZ ALDRIN SULLA SUPERFICIE DELLA LUNA? LE TUTE E L’EQUIPAGGIAMENTO ERANO ADATTI A TOLLERARE GLI SBALZI DI TEMPERATURA?
Dato che tutto nello
spazio è esposto continuamente alla luce diretta del sole, qualunque cosa che
si trovasse nello stesso punto da più tempo (come il suolo) poteva arrivare a
toccare una temperatura di 120 °C. Le tute spaziali erano di un bianco
brillante per riflettere la luce e realizzate con molti strati di tessuto per
isolare chi le indossava. Il problema principale non riguardava però il calore
esterno, quanto quello prodotto dagli stessi astronauti: l’isolamento era tale
da non permetterne il dissipamento e, per evitare che le persone si cuocessero,
le tute erano dotate di un sistema di raffreddamento interno composto da un
indumento completamente percorso da tubicini pieni d’acqua. Il liquido veniva
pompato e fatto circolare intorno al loro corpo prima di tornare nello zaino,
dove veniva fatto passare attraverso una specie di sistema refrigeratore che lo
raffreddava. L’astronauta poteva regolare la temperatura in base all’intensità
delle attività che stava svolgendo.
GLI ASTRONAUTI DELL'APOLLO SI SONO MAI AMMALATI DOPO ESSERE STATI NELLO SPAZIO O ESSERE ATTERRATI/AVER CAMMINATO SULLA LUNA?
L’equipaggio dell’Apollo
17 ebbe dei problemi di salute per aver inalato troppa polvere lunare, una
patologia oggi nota come “influenza lunare” (non scherzo, si tratta di una vera
malattia). I sintomi includono: starnutire, lacrimare dagli occhi e mal di
gola.
L’astronauta Gene Cernan dell’Apollo 17, coperto di polvere lunare.
TOCCARE LA LUNA [NWA 7834]
Gli esemplari di
detriti provenienti dalla Luna e da Marte sono alcune delle sostanze più rare
sulla Terra. Alcuni sono stati riportati dagli astronauti dalla Luna, mentre
altri sono stati proiettati nello spazio dall’impatto di asteroidi sulla
superficie lunare, sviluppando poi orbite che si intersecano con quella
terrestre e diventando il tipo più raro di meteorite lunare.
Questo campione è stato
recuperato dopo la sua caduta nel deserto del Sahara. Il suo nome scientifico è
NWA 7834 ed è il 7834esimo frammento di roccia lunare recuperato dal corridoio
africano nord-occidentale del deserto del Sahara che sia stato scientificamente
analizzato e classificato.
QUANTI CHILOGRAMMI DI ROCCE LUNARI, IN TOTALE, FURONO RIPORTATI SULLA TERRA DAGLI ASTRONAUTI DELL’APOLLO? DOVE SI TROVANO? ALCUNI SONO FINITI NELLE MANI DI PRIVATI?
La missione Apollo tornò
sulla terra con circa 380 chilogrammi di campioni geologici (rocce, ciottoli,
sabbia e polveri) in totale. Il deposito principale è il Lunar Sample
Laboratory del Johnson Space Center di Houston, Texas. Il centro prepara i
campioni per il loro invio a laboratori, istituti e università di tutto il mondo,
con fino a 400 spedizioni all’anno.
Breccia
di regolite raccolta dall’Apollo 15 dal meteorite Hadley Rille
È più difficile dire se
qualcuno di questi reperti sia finito in mano di privati ma, se questo è il
caso, non ne sono entrati in possesso per vie legali. Alcuni piccoli esemplari
sono stati donati a 135 Paesi e ai governi di ciascuno Stato, e non tutti
coloro che li hanno ricevuti hanno usato la massima perizia nel conservarli. Le
autorità federali fanno del loro meglio per tenere traccia di tutti i campioni
lunari (o supposti tali). Il frammento donato all’Honduras, della dimensione di
un’unghia, fu recuperato dagli agenti doganali dopo che un uomo della Florida
tentò di venderlo per cinque milioni di dollari. Si scoprì che un altro, dato
originariamente alla Danimarca, era stato rubato e sostituito con un pezzo di
legno pietrificato; ancora oggi non si ha idea di chi abbia compiuto il furto o
dove sia finito il campione.
POLVERE LUNARE
Se il piano
dell’amministrazione Bush di creare una base lunare dovesse diventare realtà,
gli scienziati dovrebbero prima di tutto decidere come gestire un nemico
minuscolo ma onnipresente: la polvere lunare.
La polvere lunare è
altamente abrasiva e impossibile da evitare, come ebbero modo di scoprire in
fretta gli astronauti delle missioni Apollo negli anni ‘60 e ‘70. In poche ore
la polvere ricoprì completamente le tute e l’equipaggiamento degli astronauti,
graffiando lenti e corrodendo sigilli.
Fortunatamente, il
contatto non si protrasse abbastanza a lungo da causare problemi importanti.
Detto questo, degli esploratori che si trovassero a vivere in una base lunare
per settimane (o magari per mesi) non riuscirebbero a uscirne altrettanto
puliti. L’esposizione prolungata potrebbe infatti incrementare una grande
varietà di rischi, dai guasti meccanici di tute e camere di equilibrio alle
patologie polmonari, come specificato dai ricercatori della NASA durante un
laboratorio dedicato.
“La polvere è il
problema ambientale principale sulla Luna,” ha detto Harrison Schmitt,
astronauta dell’Apollo 17, che ha comunicato di aver avuto una grave reazione
allergica alla polvere durante la sua missione nel 1972. “Dobbiamo capire quali
sono gli effetti (biologici), perché la possibilità di guasti meccanici è sempre
presente”.
La polvere lunare è più
ruvida di quella terrestre perché non viene levigata dall’azione di acqua e
vento. Si crea quando i meteoriti, i raggi cosmici e i venti solari si
scontrano con la Luna, polverizzandone le rocce. Gli astronauti dell’Apollo non
riuscirono a evitare di ritrovarsi coperti di polvere mentrecamminavano sulla
superficie lunare, dove la forza di gravità è pari a un sesto di quella
terrestre. Dopo, al rientro nelle capsule, se la portarono dietro e la
inalarono non appena si tolsero i caschi.
“Quando torni in
assenza di gravità, si solleva dalle assi del pavimento,” ha detto Schmitt.
“Aveva l’odore della polvere da sparo bruciata”.